Tra penna ed ingegno, l’ottava rima rilegge la storia della gente del Catria, Cucco e Strega

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verdini_2007_01Quando quelli che lavoravano al di là del fosso erano quelli ricchi perché cavavano l’oro zolfo, i paesi intorno al Monte Rotondo, scarni di vegetazione, bruciata dai fumi dei calcaroni, erano zeppi di gente e brulicavano di attività.

Lì vigeva un’antica voce che Graziano Ligi nell’antologia da lui curata sui “Poeti in ottava rima” non ha esitato a chiamare “d’Appennino”. Un modo di “poetare all’avventura”, “fare sàtrie”, “cantà da poeta” come si diceva allora in quel lembo di terra che corre dal Catria al Cucco passando per Rotondo e lo Strega, dove è rimasto nelle memorie al punto tuttora di connotare la reputazione d’intere famiglie.

museo 1Una mestieranza – scrive Ligi – spesso tramandata da padre in figlio, considerata un dono di natura, un’inclinazione naturale, quasi genetica che poco aveva a che fare con la cultura ufficiale dell’istruzione scolastica”.

Poeti che erano di tutti i mestieri, spesso di poca scuola, a volte quasi illetterati, che cantavano a memoria interi capitoli dell’opera di Dante ma soprattutto si esprimevano “in un canto dalla melodia cadenzata e melismatica con il tono perentorio e le vocali finali stroncate”. Raccontavano tutto e tutti e riuscivano a tenere banco sfidandosi con le rime nelle aje, alle veglie e nelle osterie.

I nomi sono incisi nelle memorie. Oreste Crescentini, emigrato in Canada, che scriveva lettere in versi ai suoi amici rimasti a Rotondo. Giovanni Mazzoni di Colombara di Serra Sant’Abbondio, il Petrucci di Montelago, Ubaldo Santarelli detto il Capoccione di Montebollo tra Gubbio e Sassoferrato.

FB_IMG_1471025308091Delle varie osterie, palcoscenici preferiti di questi “poetucoli” che affascinavano ed affascinano tuttora per la loro sagacia e anche scaltrezza, tre sono rimaste nella memoria. Quella di Varani di Catobagli, di Santoro a Monterosso e soprattutto quella di Moregi a Rotondo. Il che spiega perché il regista ed attore Stefano Fabbroni su un’idea dell’instancabile Guido Guidarelli Mattioli, marchigiano di nascita, memoria vivente e vivace della storia di una comunità nata nello zolfo di Cabernardi e spostata a Pontelagoscuro per costruire il primo polo chimico italiano, abbia dato vita ad una serata tutta all’insegna dell’ottava rima a Rotondo.

Va detto che quando si parla dell’osteria di Moregi, non ci si riferisce ad una delle tante osteria cancellate dallo spopolamento e dalla modernità. Da Moregi, produttore di una gazzosa dal sapore mitico, i poeti con le loro rime, scritte anche su commissione, discutevano di passioni e di emozioni e, in un modo non tanto velato, denunciavano chiesa e preti, amori ed adulteri, ladri e scherzi senza mai inveire contro Dio. Insomma vestivano di rime la miseria e rendevano meno tiranno il tempo denunciando in versi il quotidiano.

Oggi i poeti ci sono ancora. Alla Sementana Mario Marsili Guidarelli nella tradizione dell’ottava rima ha scritto una Passione di Cristo pochi anni fa. Però non c’è più poesia improvvisata, cantata.

In quei tempi – spiega Ligi – la poesia in ottava rima ha rappresentato non solo il pensiero, i sentimenti, le rivendicazioni, il dire libero dei contadini ma anche la saggezza, la semplicità, l’ironia e la spontaneità popolare. Un’autenticità ormai del tutto scomparsa. A noi resta in eredità l’esigenza o la curiosità di capire quello che ancora ci riguarda”.

20160815_214129Ecco perché lo spettacolo di Rotondo nel giorno di ferragosto riveste una grande importanza.

Innanzitutto per aver risvegliato la memoria del foltissimo pubblico venuto ad assistere alla rappresentazione. Ex sentinati, pergolesi, serrani, arceviesi oggi sparsi per l’Italia e all’Estero che hanno voluto ricordarsi di strofe, versi, detti ereditati dal genio di questi Poeti dell’avventura rimasti nelle famiglie a mo’ di battute. Poi perché lo 20160815_221719_LLSspettacolo Lottava Rima” stuzzica la voglia di rileggere la storia della comunità, della sua miniera attraverso l’ottava rima. Ragione per cui spero che lo spettacolo sia riproposto l’anno prossimo non solo a Rotondo ma anche nella suggestiva cornice del Parco Archeominerario dello Zolfo di Cabernardi.

Véronique Angeletti@civetta.tv

 

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