Arcevia…da amare

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Arcevia – Vivere ad Arcevia è una scelta. Esserci nati e cresciuti non implica automaticamente fermarsi a vivere lì. Si decide di tornare, di solito dopo aver studiato e vissuto in diverse realtà. Ogni tanto qualcuno, di un altro paese o addirittura nazione, decide di cambiare radicalmente la propria vita e di trasferirsi. Dove? Ad Arcevia, naturalmente.Che sia una decisione ponderata o un impulso improvviso poco importa: è una scelta senza mezzi termini. Il bello è che l’inevitabile shock iniziale sparisce subito, basta uno sguardo al paesaggio e un assaggio della qualità della vita. Attenzione però a non cullarsi nell’immagine bucolica e sonnacchiosa che si può avere di questo territorio. Non è così, non più. L’attuale realtà arceviese si sta innovando e “svecchiando” pur rimanendo fedele alle proprie tradizioni rurali e alle sue due maggiori vocazioni, presenti e future: quella turistica e quella agricola. Minimo comune denominatore: il paesaggio. In questo comune montano, che ha poco meno di cinquemila abitanti distribuiti su un territorio più grande di quello della città di Ancona, il paesaggio non può essere un semplice “contenitore”, un qualsiasi fondale. Arcevia sa che il proprio paesaggio è la sua carta di identità e che, in un futuro neanche troppo lontano, potrebbe essere il motore dello sviluppo economico.

Arcevia 4Il processo sicuramente non è immediato ma nulla in natura, del resto, lo è. E allora ecco che, sparse in tutte le diciotto frazioni del comune, ci sono circa cinquanta strutture ricettive pronte ad accogliere un numero di turisti che è in costante aumento. La cosa curiosa è che alcune di queste strutture sono state aperte e sono gestite da stranieri, perlopiù tedeschi e olandesi, che sono venuti ad abitare ad Arcevia. Questo la dice lunga sulle qualità di questa zona e, soprattutto, sul suo potenziale futuro. Queste persone si sono integrate nella società arceviese e sono diventate promotrici, a loro volta, di questo territorio.

Bruno D'Arcevia La Marca ParnasianaParallelamente a questa “globalizzazione”, però, cammina la tradizione. Questo paese, da sempre rurale e agricolo, sta vivendo una sorta di seconda gioventù. Negli ultimi anni, infatti, diversi ragazzi hanno iniziato a occuparsi di agricoltura, tornando un po’ all’origine contadina delle proprie famiglie e al lavoro dei loro nonni. Sia chiaro però, non in modo nostalgico ma con la consapevolezza che nell’agricoltura arceviese può esserci un futuro. Niente rievocazioni quindi, ma solo innovazioni.

ArceviaIn questo senso vanno anche i provvedimenti e i progetti promossi dal Comune. Esiste una Carta di Arcevia in cui si può leggere una nuova visione di agricoltura, per una nuova società e una nuova economia, fondata sull’ecologia, sulla giustizia, sulla solidarietà e su uno spirito comunitario, nel rispetto delle differenze. Il messaggio, e lo scopo, è un’agricoltura biologica ed etica che, nel rispetto del terreno e dell’ambiente, crea cibo di qualità e mette in moto un meccanismo virtuoso che porta benessere alla popolazione. La prima firmataria della Carta è stata Vandana Shiva, l’attivista ambientalista indiana, che è stata in visita ad Arcevia nel 2013. Sempre meno utopia, infine, ma un traguardo che sembra sempre più raggiungibile è anche il Parco del Paesaggio Agricolo nell’area nord del comune di Arcevia: un’area tutelata integralmente nel piano regolatore. La difesa del paesaggio, dunque, e la sua valorizzazione. Globalizzazione, tradizione e innovazione. Questo è quello che sta succedendo ora ad Arcevia, un posto in cui sempre di più si sceglie di vivere.

Raffaela Cesaretti

 

 

 

 

 

 

 

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