Carlino Canestrari

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« Uomo, amico e artista; così si è detto e scritto di lui! »
31/07/1922. Nasce da quel grumo di case arroccate sulla acropoli che ha nome Sassoferrato: tra il Monte Catria e le Grotte di Frasassi, tra il Sentino e il Marena. Anticamente detta Sentinum, assediata da Ottaviano, distrutta da Desiderio, la rocca in cima, il borgo in basso, passò per dominazioni degli Este e dei Malatesta. Patria dell’Agabiti architetto e del Salvi pittore. Il Canestrari trascorse lì i suoi anni giovanili dedicandosi alla pittura in una prima fase, quindi al teatro e infine alla scultura, passione questa che lo accompagnerà per tutta la sua vita.
1936 – 1937. Vince gli Agonali Regionali dell’Arte, manifestazione tra il giovanilistico e il promozionale del regime del Ventennio.
1947 – 1948. Si trasferisce a Roma; la Roma che è anche di Mannucci e Fazzini e di tutta la corrente dei marchigiani che non scelgono Milano, bensì la romantica, artistica, accogliente e vitalissima Roma, come appunto Mannucci, Fazzini, Cagli, Uncini, Ligi, Cucchi fino ai giovani D’Addario, Giusepponi, Bartolini e D’Arcevia. Così Canestrari, aiuto di Pericle Fazzini, inevitabilmente assorbe alcune costanti dell’arte del maestro, ma esprime la sua indipendenza con più dolore e una plasticità del tutto personale.
1955. è invitato alla Quadriennale di Roma, espone 3 opere “Ritratto dell’Arch. Castello” in terracotta, “Caduta da cavallo” in bronzo e “Donna spiata “ in terracotta.
1956. Partecipa alla Biennale di Venezia con due opere “Deposizione” in gesso patinato e “Nudino di ragazzo” in terracotta.
1959. Ritorna alla Quadriennale con 3 opere: “Pietà”, “Torso” e “Crocefisso”. è in questo periodo che Canestrari incontra Don Mario Gargiuli, parroco di quella meravigliosa chiesa di Santa Maria Nuova in Viterbo. Si tratterà di un incontro tra affinità elettive, continuato negli anni e nella pratica pastorale da Don Angelo Gargiuli. Negli anni Sessanta, proprio qui, in questo tempio sacro, si concretizzerà la progettazione e la collocazione di tre sue grandi opere: “Ultima Cena” balaustra in bronzo che misura quattro metri di lunghezza, e il “Crocefisso”, sempre in bronzo (1983), che si inserisce magistralmente nel presbiterio e nell’abside di quel monumento romanico di rara bellezza che è la chiesa di Santa Maria. La terza opera è la “Pietà”, cippo scolpito in memoria di sua madre e collocato a fianco del SS. Salvatore, sotto al quale riposano le sue ceneri.
1968. è invitato al Simposium Internazionale di Scultura di Lindabrunn (Austria).
1978. è invitato dalla Galleria Yesu-Garo per due mostre personali a Tokio e Osaka.
Molte sono le opere via via eseguite, anche a carattere monumentale, che si trovano in Italia ed in diversi paesi stranieri, fra i quali: Portland (Usa), Collezione Woodbridge di New York, Creative Gallery di Filadelfia, Museo all’aperto di scultura di Lindabrunn (Austria), Galleria d’Arte Moderna di Roma,, Museo di Alatri, Galleria “Pro-Civitate Cristiana” di Assisi, Chiesa di Santa Maria in Valleverde di Celano, Basilica del Colle di Pescocostanzo (L’Aquila); opera quest’ultima di grande rilievo, consistente in una porta interna in bronzo con pannelli ispirati alla morte, alla gioia e al dolore. Per tale opera Canestrari dichiarò a P. Scarpitti sul mensile “Abruzzo”:
“I soggetti preferiti della mia scultura sono quelli cristiani. Mi sento cristiano e sono i temi che maggiormente affronto più per me che per le chiese”.
Note bibliografiche e suoi lavori sono riportate nelle più importanti pubblicazioni d’arte.
Nelle molteplici recensioni delle sue manifestazioni artistiche lo hanno giustamente descritto nei suoi tratti esteriori e nelle sue caratteristiche: “…l’aspetto esteriore del Canestrari uomo è più che mai indicativo della sua vita interiore. Egli è d’animo audacemente schietto, valido a sopportare e superare ogni rischio della sorte, incapace di nascondere il vero, assennato nel giudizio, efficace e rapido nell’eloquio, sano nel costume; spirito solitario e schivo e tuttavia amico degli uomini d’ogni condizione sociale. Nel volto egli reca l’impronta dei rudi e solcati lineamenti di certi memorabili della Rinascenza. Lo sguardo sereno traspare severamente luminoso dagli occhi celesti. La sua statura è media, alquanto chinata, agile nei modi; incede a passi or veloci ora lenti; di folti grigi capelli coperta la testa, ispida la barba, baritonale la voce, raro il sorriso sul volto di colorito sanguigno. Nell’uomo vive intensamente l’artista, degno di altra epoca e migliore.”
Vittorio Toni

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