Suasa: il Parco Archeologico riapre i battenti

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image_bCastelleone di Suasa – Da domani, 26 luglio 2015, a partire dalle 18.30 l’antica città di Suasa riaprirà le sue porte al pubblico. Dopo la chiusura, resasi necessaria tre anni fa a causa del crollo di alcune coperture, si potrà finalmente tornare ad ammirare i meravigliosi mosaici della Domus dei Coiedii; con l’occasione verranno anche illustrati al pubblico i risultati ottenuti dall’Università di Bologna, da anni impegnata in campagne di ricerca e scavo all’interno della città di Suasa. Un’occasione importante che fa tornare alla ribalta uno dei siti archeologici più importanti delle Marche. La pregevolissima rilevanza del sito ha fatto sì che nel 1994, con Legge Regionale n. 16, la Regione Marche sancisse la creazione del Parco Archeologico di Suasa Senonum insieme ad altre sei città sparse in tutto il territorio regionale. Oltre a questo furono istituiti infatti, sempre in provincia di Ancona, il Parco Archeologico di Sentinum (Sassoferrato), in provincia di Macerata il Parco Archeologico di Urbs Salvia (Urbisaglia) e quello di Septempeda (San Severino Marche), in provincia di Fermo il Parco Archeologico di Falerio Picenus (Falerone), in provincia di Ascoli Piceno il Parco di Cupra Maritima (Cupra Marittima) ed infine in provincia di Pesaro – Urbino il Parco Archeologico di Forum Sempronii (Fossombrone).
Nonostante l’importanza, in alcune di queste pregevoli realtà archeologiche, le ricerche sono ormai ferme da anni e in alcuni casi si è proceduto a ricoprire quanto portato alla luce nelle campagne di scavo; fortunatamente a Suasa, la lungimiranza delle varie parti in gioco, Soprintendenza Archeologica delle Marche, Comune di Castelleone di Suasa, Consorzio Città Romana di Suasa e Università di Bologna, ha permesso che in questi anni la città antica continuasse a svelare la sua meravigliosa storia che infatti anche quest’anno è stata protagonista di una nuova campagna di scavi a cura dell’Università di Bologna, conclusasi proprio ieri, e che quest’anno ha interessato la zona della necropoli est, nell’area meridionale della città.
Nella giornata di domani, all’interno dell’Anfiteatro, verrà inoltre allestito il Mercato delle Terre Suasane, in cui sarà possibile gustare prodotti tipici del territorio sulla scia di quanto avveniva un tempo all’interno dell’antica piazza forense.

Per Info su orari e prezzi: www.progettosuasa.it

Per approfondire

La città di Suasa sorse sul terrazzo di fondovalle a destra del fiume Cesano come prefettura a seguito della promulgazione della Lex Flaminia de agro gallico et piceno viritim dividundo del 232 a.C.; questa legge si rese necessaria a seguito del processo di romanizzazione dell’ager gallicus, con la quale il territorio sottratto ai galli Senoni subito dopo la battaglia di Sentinum del 295 a.C., venne redistribuito a coloni romani che fondano una serie di città in punti strategici per il controllo dell’area medio-adriatica. Suasa nacque dunque comepraefectura, cioè come centro amministrativo asservito ad un territorio immediatamente alle spalle di Sena Gallica, prima colonia marittima sull’adriatico.
È importante sottolineare che Suasa sorge in un punto strategico per la viabilità interna, nell’asse che congiungeva Sentinum con Sena Gallica, prima colonia romana sorta nel territorio sottratto ai Galli dopo la battaglia del 295 a.C. e questo suo stretto rapporto con la viabilità si riflette nell’organizzazione urbanistica della città, i cui edifici principali si dispongono e sono orientati lungo l’asse del decumanus maximus. Quindi la sua importanza non sarà legata al percorso della vicina via Flaminia, un diverticolo della quale correva lungo la riva sinistra del Cesano.
Nel corso della seconda metà del I sec. a.C. Suasa divenne Municipium a costituzione duovirale e le indagini archeologiche ci indicano che nel I sec d.C. conobbe un periodo di grande prosperità che ebbe il suo apice nel periodo medio-imperiale (II sec. d. C.).
E’ infatti da ascriversi al I sec. d.C. la monumentalizzazione della città, quando si dota, dell’anfiteatro e del foro commerciale. Dalla seconda metà del III sec. d.C. si intravedono alcuni segnali di un lento e progressivo decadimento della città. Nei secoli successivi l’abitato cominciò ad essere lentamente abbandonato, ma la totale mancanza di livelli di distruzione violenta esclude l’ipotesi fatta propria dalla tradizione storiografica che ne vuole la distruzione da parte dei Goti di Alarico nel 409, un anno prima del sacco di Roma.
Suasa continua a sopravvivere almeno sino al V-VI sec. d.C. e la sua lenta fine è da inserire in quel generale fenomeno di abbandono dei centri di fondovalle, privi di difese e di interesse strategico, a favore dei nuovi centri arroccati sulle alture circostanti. In particolare, l’abbandono della città è da mettere in relazione alla instabilità politico-militare venutasi a creare con la guerra greco-gotica (535-553 d.C.), trovandosi, inoltre, su un itinerario alternativo alla via Flaminia (facilmente controllabile all’altezza della galleria del Furlo) e quindi battuto ora da uno e ora dall’altro esercito.
Suasa divenne dunque una città abbandonata e i resti dei suoi edifici divennero temporanei rifugi per i viandanti (soprattutto quelli sul fronte stradale) o utilizzati come cave di prestito per la costruzione dei nuovi abitati sorti sulle alture.
L’abbandono e la progressiva opera di spoliazione decretarono il seppellimento e la cancellazione della città; il terrazzo fluviale su cui essa sorgeva divenne un’area a vocazione agricola soggetta all’Abbazia di S. Lorenzo in Campo, insediamento monastico che sorse sulla riva sinistra del Cesano, su un alto punto che dominava il fondovalle, ubicazione che ci indica chiaramente che l’intero fondovalle era oramai spopolato e male assistito dal tracciato stradale.
Di particolare interesse risulta l’anfiteatro di Suasa, le cui imponenti dimensioni hanno sempre garantito la riconoscibilità delle sue strutture perimetrali, è infatti il solo monumento che è sempre stato visibile anche quando la città dopo l’abbandono si presentava come una distesa di campi coltivati. L’anfiteatro romano di Suasa è situato ai limiti del pendio collinare che cingeva ad est la città, asservito dalla viabilità che tagliava ortogonalmente quella principale a nord del Foro; fu costruito al margine di un settore della città occupato da complessi pubblici e privati di elevato tenore architettonico: Domus dei Coiedii e Teatro. La struttura rappresenta nel panorama archeologico delle Marche uno dei maggiori esemplari rinvenuti: l’asse maggiore misura circa 98,7 m (333 piedi) e quello minore circa 77,2 (260 piedi) e si ipotizza potesse contenere circa 8000 spettatori e le indagini archeologiche hanno permesso di datare l’impianto del monumento al I sec. d.C. e di coglierne le prime fasi di abbandono già nel corso del III sec. d.C.. La sua presenza è sempre stata nota perciò le indagini archeologiche su questo monumento sono state condotte a più riprese da parte della Soprintendenza per i Beni Archeologici delle Marche, i primi scavi infatti risalgono agli anni ’30 del Novecento anche se il maggior impulso alle indagini è iniziato negli anni ’70 del Novecento.
Per la costruzione dell’anfiteatro si è sfruttato, almeno per il settore orientale, il naturale pendio collinare su cui giace, utilizzandolo come appoggio per le gradinate. Il muro perimetrale dell’anfiteatro è costruito con paramento esterno in filari di blocchetti di pietra bianca e rosata del vicino Castello di Arcevia, alternati a ricorsi di laterizi, e con nucleo interno in solidissimo conglomerato cementizio (impasto di ciottoli fluviali, ghiaia, sabbia e calce).
L’anfiteatro aveva otto accessi (vomitoria) che permettevano l’accesso all’arena e ai vari ordini di gradinate. Gli ingressi erano coperti da volte di cui restano ampie testimonianze e i due principali, posti all’estremità dell’asse lungo, erano costituiti da una galleria principale affiancata da due laterali più strette. Di particolare interesse è la soglia ben conservata tra l’ingresso principale meridionale e l’arena, così come il sistema di gradinate di accesso al corridoio posto sul podio. La vasta spianata ellittica dell’arena era cinta da un alto podio realizzato con una cortina di filari di laterizi alternati a filari di blocchetti di calcare locale bianco e rosa la cui sommità è occupata da un corridoio pavimentato con lastre di calcare bianco.
Al di sopra si conservano ampi tratti dell’ ima cavea, il primo giro di gradinate, formata da tre gradini-sedili rivestiti di calcare, alle spalle dell’ultimo gradino c’era la praecinctio, uno spazio che delimitava l’ima cavea dalla media cavea, quest’ultima cinta da un basso muretto rivestito di lastre calcaree, raggiungibile con scalette a gradini lapidei.
Sembra certo che parte delle gradinate avesse carattere temporaneo, è probabile dunque che ci fossero gradinate in legno appoggiate in parte sul terrapieno di riempimento (lato occidentale) o direttamente sulla scarpata di scavo (lato orientale). Anche l’ultimo ordine della gradinata, la summa cavea, doveva essere costruita in legno.

Pamela Damiani

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