Scoperto un nuovo dipinto del Sassoferrato?

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nuova attribuzioneGiovan Battista Salvi, detto il Sassoferrato, fu artista prolifico con una particolare preferenza per la raffigurazione di Madonne. Non è strano quindi che in giro per il mondo ci siano moltissimi suoi dipinti con questo soggetto, ma è suggestivo apprendere che un’altra tela, attribuibile al Salvi o alla sua cerchia, recentemente sia emersa dall’oblio.

Artista dalla biografia lacunosa, in parte ricostruita attraverso la collazione di segmenti parziali della sua storia, è citato per la prima volta nel 1677 – ancora vivente – in una breve guida della città di Roma scritta da tale Pietro de’ Sebastiani in cui si menziona «[…] un certo Pittore, che per i suoi costumi è da noi stimato in tal concetto de’ buoni costumi, che può darsegli il titolo di virtuoso. […] Egli pinge per lo più le Imagini della Vergine con tal devozione e vaghezza che non ha pari, e le sue opere sono già in mano de molti Principi grandi, più per la devozione che per l’arte. Egli viene detto communemente Sasso Ferrato nome della sua patria». Da ciò si deduce sia che la committenza del Salvi fosse formata da personalità di elevato lignaggio e sia che l’estensore del testo considerasse l’aspetto religioso e devozionale delle sue opere più rilevante del giudizio artistico.
Lungamente e immeritatamente considerato un mero copista, o addirittura incluso nel novero di quei “bottegari” che nella Roma del XVI e XVII secolo si distinguevano dai “veri” pittori, gli accademici, i soli «in grado di operare da loro, senza disegni o modelli di altri» – come recita un documento dell’Archivio dell’Accademia di San Luca – il Salvi nel corso del tempo è stato giustamente rivalutato dalla critica, che ha compreso come la serialità delle sue opere non ne pregiudichi affatto la qualità.

Inserito anagraficamente nel periodo barocco, se ne discosta aderendo a canoni di gusto arcaizzante; la perfezione del disegno, l’esemplare tecnica compositiva, la levigatezza del colore rivelano infatti un’ascendenza classicista, non in linea con la grandiosa spettacolarità del Barocco maturo, finalizzata a suscitare meraviglia. E tuttavia egli fu pittore pienamente inserito nell’epoca di quella Controriforma che ebbe una chiarissima percezione del potere delle immagini, identificate dal Concilio di Trento come strumento devozionale rivolto all’educazione dello spirito.

Prendendo in prestito la felice definizione formulata dallo storico dell’arte Adolfo Venturi a proposito del Domenichino, possiamo considerare il Sassoferrato – che del Domenichino pare fosse stato un allievo – un «quattrocentista smarrito nel Seicento», ma è verosimile che egli sia stato a sua volta un precursore se è vero, come afferma la critica contemporanea, che la raffinatezza, l’eleganza e la purezza formale della sua pittura appaiono in filigrana anche nelle opere ottocentesche dei Nazareni e dei Preraffaelliti, al punto che lo storico dell’arte Claudio Strinati lo ha definito «un preraffaellita del Seicento».

13Pur riconoscendo nelle sue opere l’indubbia influenza di artisti famosi quali il Perugino, Raffaello, Domenichino, Guido Reni – talvolta ripresi anche attraverso le stampe dei loro dipinti – o l’influsso degli incisori, come nel caso della bella tela Betsabea al bagno, attribuita alla produzione giovanile del Salvi e ispirata ad una xilografia tedesca di Hans Burgkmair il Vecchio, conservata al British Museum di Londra, che nella versione a olio del Salvi risulta essere stata esposta presso il palazzo municipale di Sassoferrato nel 1870 (http://www.antiqua.mi.it/Scapinello_Bestabea_Ott16.html), al pittore marchigiano va accordato il merito di aver reinterpretato i modelli mediandoli attraverso il 42suo indubbio gusto e una peculiare raffinatezza.
La rinnovata attenzione per il Salvi, evidenziata non solo dagli importanti studi che nel corso del tempo sono stati dedicati alla sua figura e alla sua arte, fra cui quelli di Guido Vitaletti, François Macé de Lépinay e Federico Zeri, ma anche dalle varie mostre a lui dedicate negli ultimi anni – Sassoferrato 1990, Cesena 2009, Perugia 2013, di nuovo Perugia e Sassoferrato 2017 -, stanno recuperando l’artista dall’oblio in cui per molto tempo è stato relegato e, se la sua vita è ancora in parte sconosciuta, oggi la sua arte è al contrario oggetto di notevole interesse.

Nonostante abbia a buon diritto meritato l’appellativo di Pictor Virginum per il gran numero di dipinti a soggetto mariano caratterizzati da una genuina devozione religiosa (era terziario francescano), il Salvi diversificò la sua produzione dedicandosi alla ritrattistica, settore in cui ebbe modo di rivelare considerevoli doti espressive e profonda sensibilità, ed anche a tele di argomento profano come la Giuditta con la testa di Oloferne (conservata nella Basilica di San Pietro a Perugia e il cui disegno preparatorio appartiene al Royal Collection Trust), di cui non è stato possibile individuare il modello a cui l’artista potrebbe essersi ispirato e che rispetto alla consueta iconografia riguardante l’eroina ebrea si differenzia per l’assenza dell’ancella Abra.
È tuttavia innegabile che la parte più cospicua della sterminata produzione di – o attribuita a – Giovan Battista Salvi, sia riconducibile a soggetti mariani, sicuramente molto richiesti dai committenti, e fra le numerose immagini della figura di Maria – con il Bambino, in preghiera, come Mater dolorosa e altre – di particolare interesse risulta in questo momento una variante della tipologia che Hermann Voss ha classificato come 1r, una Madonna in posa orante, con gli occhi rivolti verso il basso, il capo coperto con un velo da cui sfuggono alcune ciocche di capelli, intorno alle spalle un manto azzurro ad avvolgere il busto, su cui è drappeggiato un panno chiaro che lascia intravedere una nota di colore rosso.

Un dipinto appartenente a tale variante iconografica è stato donato nel 2005 alla Pinacoteca di Jesi dalla Banca Popolare di Ancona ed ora un esemplare finora sconosciuto di questa tipologia – di cui si conoscono molte copie conservate nei musei o presenti in collezioni private (nelle quattro tabelle: copie di Madonne, attribuite al Salvi o in qualche caso a suoi collaboratori, appartenenti alla stessa tipologia del dipinto recentemente attribuito all’artista o alla sua cerchia) – sarebbe stato di recente attribuito al Sassoferrato o ad un suo collaboratore. Si tratta di un dipinto ricevuto in eredità da un sottufficiale della Marina Militare in pensione, Giorgio Castellano, che dispone di uno Studio storico critico iconografico attributivo del Prof. Arch. Gian Camillo Custoza e di una perizia, attestante la provenienza, del Nucleo Belle Arti dei Carabinieri di Venezia. Se il Comune di Sassoferrato decidesse di acquisire l’opera, questa andrebbe ad arricchire il piccolo ma importante patrimonio di dipinti del Salvi che ancora “risiedono” nel suo paese natale il cui nome, grazie a lui e alla sua arte, è conosciuto nel mondo.

Pamela Damiani@civetta.tv

Una delle “Madonna orante di GB Salvi” in vendita a Mestre proposto al comune di Sassoferrato

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