Staminali, diabete e trapianti: le storie dei ricercatori volati negli USA con le borse della Fondazione Marche

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Chi è tornato a fare ricerca ad Ancona, chi ha fondato un laboratorio a Milano, chi è rimasto negli Usa e chi ha firmato articoli su importanti riviste scientifiche.

ISSNAF_teaser2FM2Sono 9 i ricercatori di Biologia Molecolare vincitori delle borse di studio finanziate con 1 milione di euro dalla Fondazione Marche con il programma di Post-Doc Fellowship messo in atto dal 2012 al 2015 in collaborazione con ISSNAF, la fondazione che riunisce 4mila scienziati italiani in Nord America. Le loro storie saranno al centro dell’evento di giovedì 7 luglio alla Mole Vanvitelliana di Ancona, “Dall’Italia all’America, andata e ritorno”.

La storia di Bruna Corradetti, biologa nata a Castignano (Ascoli Piceno) nel 1981 e ricercatrice all’Università Politecnica delle Marche, è l’esempio di come un periodo di ricerca all’estero possa portare vantaggi al mondo della ricerca italiano. Grazie alla borsa di Fondazione Marche ha lavorato nel dipartimento di nanomedicina dello Houston Methodist Research Institute, con il professor Mauro Ferrari come tutor. «Dalle ricerche sono nate più di 10 pubblicazioni scientifiche – racconta Corradetti -. Con il professor Ferrari ho realizzato dei programmi quadro fra l’Università Politecnica delle Marche e lo Houston Methodist Research Institute, grazie ai quali ora gli studenti dell’UniPM possono trasferirsi per brevi periodi di studio a Houston durante il corso di laurea».

Francesca D’Addio, medico quarantenne di Fano, dopo tre anni al Boston Children’s Hospital dove ha trovato come tutor il professor Paolo Fiorina, insieme a lui ha dato vita all’Ospedale San Raffaele di Milano a un laboratorio, il primo in Italia ad applicare la tecnica dei “mini gut”. «Negli Usa ho imparato il sistema di coltura dei “mini gut”, mini intestini creati in vitro che crescono a partire da una cellula staminale singola – racconta D’Addio -. Qui al San Raffaele ho potuto dar vita al primo laboratorio che applica questa tecnica nel nostro Paese. Si isolano le cellule staminali dell’intestino del paziente, si mettono in coltura e cresce un “mini gut”, dalla cui morfologia si può capire che cosa non va nelle staminali dell’intestino». Nell’ottobre 2015 un suo studio sull’enterostaminina, un ormone scoperto anche grazie alle sue ricerche, è stato pubblicato sulla più autorevole rivista di settore: Cell Stem Cell.

Chiara Ardiccioni, nata nel 1983 a Macerata e laureata in Fisica all’Università La Sapienza di Roma, ora vive e lavora a New York. Qui nel 2011 è volata con la borsa triennale di Fondazione Marche, per fare ricerca nel laboratorio del professor Mancia al Department of Physiology & Cellular Biophysics della Columbia University. Esperienza culminata nel 2016 con la pubblicazione, da prima firmataria, di un articolo sulla rivista Nature Communications. «Ora sono in una fase di cambiamento – racconta -. Voglio orientarmi verso il mondo dell’impresa, per questo sto facendo colloqui in tutto il mondo presso aziende farmaceutiche».

Portare famiglia e affetti al di là dell’Oceano per seguire la propria realizzazione professionale attraverso la ricerca sui tumori. È quanto ha fatto Lucia Casadei, ricercatrice di Urbino che dal 2012 lavora alla Ohio State University di Columbus, in Ohio, dove è arrivata grazie alla borsa di studio promossa da Fondazione Marche. Al suo scadere è rimasta in Ohio entrando in un nuovo progetto di ricerca, e ora sta valutando se restare negli Usa facendo crescere lì i suoi figli, o se ritornare in Italia con un lavoro adeguato alle competenze acquisite. «Ho avuto la fortuna di avere come tutor il professor Carlo Maria Croce, un luminare della biomedicina, specializzato nei microRNA nei tumori – spiega Casadei -. Ho proposto un progetto in collaborazione con il grande professor Raphael Pollock, ora studio i microRNA nei sarcomi, in collaborazione fra i due laboratori di Croce e di Pollock».

Clipboard02Cristian Loretelli di Sassoferrato

È invece tornato nelle Marche il biologo molecolare Cristian Loretelli, 40enne di Sassoferrato (Ancona), due anni a Boston, dal 2012 al 2014, nel laboratorio di fama internazionale del dottor Pier Paolo Pandolfi al Cancer Research Institute del Beth Israel Deaconess Medical Center – Harvard Medical School. Ora guarda di nuovo agli Usa, dopo la scadenza del suo contratto nel laboratorio di Oncologia dell’Università Politecnica delle Marche. «Sto pianificando di cercare all’estero qualche nuova opportunità per realizzare questo obiettivo» – racconta -.

Davide Sartini, nato nel 1977 a Jesi (Ancona), è un biologo ricercatore presso l’Università Politecnica delle Marche, dove lavora con una borsa di studio della Fondazione Umberto Veronesi. Nel 2012 la borsa di studio di Fondazione Marche lo ha portato alla New York University School of Medicine, dove si è occupato di biologia del cancro nel laboratorio del professor Michele Pagano. «L’esperienza negli Usa è stata bellissima dal punto di vista scientifico, perché ho potuto praticare la biologia cellulare, che in Italia non avevo approfondito – racconta -. Mi sono reso conto che le basi scientifiche costruite in Italia erano solide. Sotto l’aspetto umano, l’esperienza mi ha cambiato e fatto maturare».

«L’esperienza di Miami è stata altamente formativa sia dal punto di vista umano che professionale avendo avuto modo, al DRI, di lavorare accanto a ricercatori di indubbia fama internazionale» racconta la biologa Monia Cecati, nata a Santa Maria Nuova (Ancona) e oggi Post-Doc presso l’Università Politecnica delle Marche, dopo due anni all’Università di Miami, dove ha collaborato con il team di ricerca del Diabetes Research Institute (DRI) diretto dal professor Camillo Ricordi. A Miami, sotto la guida del professor Armando J. Mendez, il lavoro di ricerca si è incentrato sullo studio del diabete di tipo 2.

Nello stesso team del professor Ricordi ha lavorato Ulisse Ulissi, 38enne di Cupra Marittima (Ascoli Piceno), dall’ottobre 2013 al settembre 2015. «Dal punto di vista scientifico e umano l’esperienza a Miami è stata fantastica – dice Ulissi -. Ho lavorato sul diabete di tipo 1, partecipando a una serie di progetti che riguardano lo studio della risposta autoimmunitaria che conduce alla malattia e quelli legati alla cura con il trapianto delle isole pancreatiche, un’alternativa sempre più diffusa al trapianto integrale del pancreas».

Comunicato Stampa Fondazione Marche-ISSNAF

La storia della borsa di un milione di euro di Fondazione Marche

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